Maria Chiara, perla del bencantare

Sentire della presenza di Maria Chiara in giuria nel Concorso Tebaldi di San Marino, edizione 2011, ha avuto per noi un effetto pressoché di balsamo: alfine, ecco inserita tra i giudicanti un’eletta signora, una rappresentante degnissima di una schiera di voci sopranili che, con quella paradigmatica di Renata Tebaldi, aveva voluto mantenere un legame consapevole, un sapiente fil rouge che non rinnegava la lezione della capostipite. Nel 1983, in un volumetto spiritosamente intitolato “I casti divi”, Walter Ricci ne scriveva così: «Maria Chiara… possiede una voce soave, usata magistralmente, con accenti e suoni ammalianti. Uno splendido soprano lirico con voce pura; nulla in lei è artefatto …Il sentimento è già nel suo temperamento»; ma non poche esperienze dirette ci avevano già resi edotti di un’espressività dolcemente spontanea, frutto di naturalità muliebre e di convinta logica interna, lontana sia dall’espressionismo esplosivo di idoli ormai allontanatisi sulla strada della divinizzazione mercantile che dall’esibizionismo frammentario e smanceroso propri ai tic vocali di entrée più recenti.
Anche l’incedere in scena della Chiara si poneva ammirevole per spontanea adesione alle ragioni del personaggio, in ciò pienamente ossequiente agli input di una docente di razza, qual era stata per lei un elegante soprano di un recente passato, la napoletana Maria Carbone, che raccomandava alle fortunate sue allieve quanto fondamentale si ponessero nella creazione di una figura scenica postura ed incedere: ‘Mimì non può fare il suo ingresso in scena con lo stesso incedere di Aida o di Leonora di Vargas; la Contessa Rosina dovrà necessariamente differenziarsi da Susanna’. Ed è da ascrivere proprio alla Carbone – oltre che ad Antonio Cassinelli, basso bolognese di solida esperienza scaligera oltre che cinematografica che della giovane Maria diventerà presto attento consorte – il merito delle solide basi tecniche vantate dall’allieva che nel tempo saprà mantenere intatte al suo strumento vocale bellezza e delicata suggestione, come a specchio del limpido nome.
Maria nasce in una vigilia di Natale a Oderzo (opitergina, dunque), cittadina di ridente civiltà nel trevigiano, alle soglie del fattivo Nord-Est d’Italia: un Castello, un Duomo di severe linee architettoniche, un lungo ponte fiorito di gerani sul fiume Monticano (che, un tempo, costituiva coppia fluviale con un ramo del Piave, fiume patrio) e, a testimoniarne l’antica dignità, anche più Musei d’arte.
Fin dalla prima giovinezza, esperienze musicali in complessi madrigalistici la dotano di una prima dottrina vocale arricchita poi dalle cure congiunte di Cassinelli e della Carbone. Così, nell’estate del ’65 è già in grado di debuttare quale Desdemona a Venezia, in un “Otello” allestito open air in Palazzo Ducale.
Piero Mioli – da sempre esigente nei confronti di quelle che sono le effettive istanze del ruolo – non esita a definirla Desdemona eletta e fin d’ora sembra stabilirsi l’innegabile legame con la tipologia del perfetto soprano “alla Tebaldi”. Seguiranno a ruota più che franchi successi presso reputate sedi operistiche d’Italia (San Carlo, Opera di Roma, Maggio Musicale Fiorentino, Torino, Verona) e d’Europa (Wien, München, Berlin), oltre che d’oltremanica (il Covent Garden) e d’oltreoceano (il newyorchese Met). Il repertorio è quanto mai vario ma mantenuto entro saggi paletti che non escludono, comunque, anche qualche temibile azzardo. Anzitutto il Verdi della maturità al cui Otello si aggiungono le protagoniste di Ballo in maschera, Forza del destino, Aida, Simon Boccanegra. Alla rischiosità implicita in detti titoli appartiene a pieno titolo anche la Odabella dell’Attila (1985); tuttavia si tratta immancabilmente di cimenti affrontati con piena consapevolezza delle reali possibilità di superarli indenne, fedele agli assunti di quella sana ortodossia vocale da sempre scrupolosamente osservata. Rinfrancanti parentesi se le consente via via alternando alle rese deliziose della Suzel de L’Amico Fritz la levità della Susanna di Wolf-Ferrari (da non perderne l’incisione Decca) o della Micaela della Carmen che il citato Mioli non manca di definire lumeggiata dall’incantevole Micaela di Maria Chiara.
Bohème, Tosca, Madama Butterfly (magnifica una sua incisione bavarese dell’opera), Suor Angelica e Liù sono tutti ruoli che ben definiscono il coté pucciniano di una vera primadonna, forse tale malgré-lui. C’è chi la definisce scherzosamente “la Maria senza artigli” mentre, presenti ad alcune sue esibizioni, non mancano di gratificarla gli elogi di una Caballé per Butterfly, una Nilsson per una Bohème in Baviera con Domingo e, non ultima, della Tebaldi per un’Aida a Genova.
Dal 16 al 31 dicembre del 1977, riscuoterà grande successo come Violetta de La Traviata al Met prima di essere convocata, a fine 1986, come protagonista assoluta di una solenne inaugurazione scaligera. In un’intervista rilasciata nell’occasione al Corriere della Sera, dichiara senza timori (prevedibili reazioni di fazioni avverse potrebbero comprometterne il successo) che la sua Aida si ispirerà alla vocalità e ai colori propri della Tebaldi di un tempo. La dirige Maazel e l’affiancano Pavarotti, la Dimitrova, Ghiaurov. La Decca inglese, dopo averle fatto incidere fortunati recital solistici, ne ricava CD e DVD con grande esito commerciale e quello arduo di Aida diventa il titolo maggiormente frequentato tra gli altri impegni di prestigio che per lei si susseguono senza sosta; ancora nel 1992, di un’Aida veronese, Mioli dice testualmente:”ultima, cronologicamente, di una serie che stupisce e sorprende”.
Nel luglio del 1993 muore Antonio Cassinelli e Maria dolorosamente non intende proseguire da sola un cammino teatrale da sempre affrontato attingendo forza dall’equilibrio di un compagno di vita per lei pressoché indispensabile. Alla ribalta preferisce la quiete della cittadina natale dove, però, nessuno mancherà di tributarle rispetto e stima. Sceglie generosamente la faticosa strada della docenza di canto attuata con taumaturgica sapienza perfino su ugole già compromesse da input errati. Ed ora, ecco, verrà a San Marino, inserita in una giuria internazionale qualificata quanto altre mai, leale testimonial di un credo vocale che ameremmo definire bencantare, tebaldiano per acclamazione generale.

Vincenzo Ramón Bisogni
Trieste, 27 luglio 2011